Home / Medicina Specialistica / Analisi di Laboratorio / Sintomi di problemi metabolici – i test diagnostici / Trigliceridi alti – Test diagnostici specifici
I triglicerdidi alti possono aumentare il rischio di numerosi problemi di salute, tra cui malattie cardiache e ictus.
I trigliceridi sono un tipo di lipidi. Sono diversi dal colesterolo. L’organismo usa il colesterolo per costruire cellule e determinati ormoni, mentre usa i trigliceridi come fonte di energia.
Quando si assumono con il cibo più calorie di quante l’organismo possa subito utilizzare, queste vengono convertite in trigliceridi. L’organismo conserva i trigliceridi nelle cellule adipose. Utilizza anche lipoproteine per far circolare i trigliceridi attraverso il flusso sanguigno.
Un pò di trigliceridi sono necessari per alcune funzioni cellulari, ma troppi diventano insalubri. Come con il “colesterolo cattivo” (LDL), sono considerati più sani livelli di trigliceridi più bassi.
I principali fattori che causano un aumento dei trigliceridi derivano dallo stile di vita e dall’alimentazione. Ma vi possono essere anche patologie che hanno tra le loro conseguenze l’aumento dei trigliceridi.
Uno stile di vita sedentaria, o un’ attività fisica molto limitata, il sovrappeso e l’obesitàSindrome caratterizzata da abnorme aumento del peso, per eccessiva formazione di adipe nel tessuto sottocutaneo Leggi (sebbene quest’ultima, secondo una linea di pensiero, sia considerata una malattia), il vizio del fumo sono le cause comportamentali più rilevanti nell’aumento dei trigliceridi.
Gli alimenti che causano un’innalzamento dei trigliceridi includono:
Tra le malattie che possono procurare trigliceridi alti vi sono:
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La nostra equipe si riunirà per valutare il suo caso clinico, prendendo in esame anche eventuali analisi già in suo possesso che le chiediamo, se possibile, di allegare.
Le risponderemo quanto prima.
Il Metabolic Profile Basic serve a valutare una serie di marcatori di biochimica classica, in associazione all’analisi di due ormoni strettamente correlati al tessuto adiposo, allo scopo di indagare la presenza di eventuali danni indotti dalla sindrome metabolica.
Dal momento che gli acidi grassiDerivati dagli Omega3: docosaesaenoico (DHA), Eicosapentaenoico (EPA); derivati dagli Omega 6: Acido Gamma linoleico (GLA), Acido diomo-gamma-linoleico (DGLA), Acido arachidonico (AA). L’aggettivo “semiessenziale” è stato attribuito perché l’introduzione con gli alimenti di questi acidi grassi, sintetizzabili dall’organismo, è in grado di bypassare le insufficienze metaboliche. sono i costituenti fondamentali delle membrane cellulari, valutare l’assetto lipidico delle membrane e rilevare la loro composizione permette di capire lo stato di salute generale delle cellule e quindi dell’intero organismo.
Il Lipidomic Profile è uno strumento con cui valutare la relazione tra lo stato di salute generale dell’organismo e lo stile di vita, allo scopo di attuare, mediante l’alimentazione e l’integrazione, una prevenzione mirata di possibili scompensi.
Analisi di colesterolo e trigliceridi per il monitoraggio di un’adeguata efficacia di terapie farmacologiche in corso, di ipertensioneStato costante e non occasionale, in cui la pressione arteriosa a riposo risulta più alta rispetto agli standard fisiologici considerati normali Leggi e di persone con rischio cardiovascolare aumentato; fondamentale per la prevenzione e il monitoraggio della sindrome metabolica insieme ad altre misurazioni antropometriche e a dati anamnestici. Profilo utile anche per le donne che assumono la pillola anticoncezionale.
Serve a valutare il rischio cardiovascolare, e fornisce dati indispensabili per capire se lo stile di vita e le abitudini (alimentari e non) mettono a rischio la persona di contrarre patologie come ipertensione, angina, ictus, scompensi cardiaci. In questo modo potrà capire cosa fare per prevenire l’insorgere di patologie cardiovascolari. In particolare, oltre a riportare i valori dei singoli parametri, il test esprime un dato di valutazione chiamato indice di rischio cardiovascolare assoluto, espresso in percentuale di possibilità di ammalarsi di un primo evento cardiovascolare maggiore (infarto o ictus) nei successivi dieci anni.
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